Divenuta leggendaria per la sua fedele attesa del marito, Penelope archetipicamente rappresenta l’ideale di comportamento femminile all’interno del mondo omerico. Ma la sua questione è molto più complessa rispetto al significato che le costruzioni storico-culturali di segno patriarcale dell’Occidente le hanno attribuito. Forse la sua vicenda personale è stata per troppo tempo considerata inesistente perché sconveniente o irrappresentabile.
Penelope come donna aveva una sua storia? La dicotomia fra l’immobile paziente attesa di lei e l’agire desiderante e periglioso di Ulisse è proprio vera?
C’è inoltre la questione del potere, sullo sfondo del quale tutte le energie si muovono.
Il libro invita a riconsiderare Penelope, esplorandone la forma mitopoietica, come “attrice” dell’Odissea, cioè come soggetto differentemente agente, e non come elemento in sordina, oggetto dello sguardo degli uomini e della voce narrante, mettendo a fuoco come essa rappresenti non solo il femminile dell’assenza, ma anche quello della presenza. Si tratta di un percorso attraverso il corpo, l’anima e la mente di una divina Penelope la cui tela si fonde nel mistero: un mistero che diventa con la tessitura creatrice esperienza del sé, spazio sacro non solo dell’attesa, ma dell’essere.
Tra mitologia, narrazione e riscoperta antropologica, prende nuova luce e respiro la poesia omerica, che svela una presenza femminile dai tratti forse sconosciuti allo stesso eroe Ulisse, ritenuto da sempre al centro dell’universo.